BITCOIN DIFFICILI DA SPENDERE, RISCHIO ANTIRICICLAGGIO

Bitcon difficili da spendere. Il problema vero non è pagare le tasse ma usare i fondi guadagnati senza essere indagati di riciclaggio.

Fino a quando i trader investono nel mondo virtuale sono considerabili quasi come dei giocatori del Monopoli.

Ma per concretizzare questa ricchezza virtuale e spenderla si deve necessariamente convertire in euro e bonificare la somma dai conti omnibus della Exchange company ai propri conti corrente.

Tuttavia il bonifico in argomento non rappresenta un’operazione agevole e scevra da rischi, fino a quando essi non verranno “sdoganati” dalla funzione antiriciclaggio della propria banca.

Nonostante gli exchange sono classificati come dei cambiavalute e soggetti alla normativa antiriciclaggio dei «cambiavalute» (virtuali), le banche riceventi quasi sempre reputano a priori i fondi rivenienti dai conti omnibus di incerta provenienza e pretendono dunque una approfondita verifica sulla provenienza.

A peggiorare il quadro è il fatto che in Italia non vi sono banche strutturate a recepire i fondi derivanti dagli investimenti in criptovalute, quando questi sono di importo sensibile, salvo che per un unico istituto primario del Nord-Ovest, che risulta essere l’unico specializzato proprio nell’analisi dei movimenti delle blockchain (c.d. certificazione della blockchain), grazie a una «special unit» in grado di analizzare gli investimenti in criptovalute e la loro provenienza per poi accettare di tenere depositate queste somme.

Al di fuori di questo caso specifico, gli istituti bancari italiani sono soliti rifiutare somme superiori a 15 mila euro e spesso inviano una segnalazione (c.d. Sos) alla procura della Repubblica.

Per ovviare a tale inconveniente, e per poter spendere in euro le ricchezze in tutta tranquillità, è necessario predisporre un adeguato ed esaustivo set documentale al servizio della funzione «antiriciclaggio» (c.d. AML– Anti Money Laundry) della propria banca, o meglio rivolgersi ad una banca specializzata, al fine di dimostrare la liceità della provenienza dei fondi.

Il set documentale preventivo ha comunque una doppia valenza AML/fiscale, in quanto rappresenta contemporaneamente un elemento necessario per passare il primo vaglio della funzione AML della banca, ed è anche fondamentale per risolvere l’improcrastinabile problema dell’accertamento fiscale che scatterebbe successivamente al verificarsi delle prime movimentazioni di fondi ed acquisizioni di beni di valore sostenuto.

In alternativa, si possono spendere le proprie criptovalute direttamente, senza convertirle in euro, con l’unica accortezza della soglia inferiore a 3 mila euro, limite entro cui non vige l’obbligo di identificazione.

Nonostante la blockchain lasci traccia eterna di tutti i passaggi di bitcoin, sin dall’attribuzione al miner (colui che lo «estrae») fino al possessore attuale, il sistema è considerato ancora «pseudo-anonimo».

Esso, infatti, non garantisce un’automatica e certa possibilità di associare il nome di un individuo ad un indirizzo bitcoin, tuttavia le indagini partono proprio da questa impossibilità associativa bitcoin/contribuente.

 

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Author: Maurizio Dattilo e Stefania Barsalini

Source: ItaliaOggi

Images via: Cryptovalues