- 17 Febbraio 2020
- Posted by: Cryptovalues
- Category: Cryptovalues News, Fiscale
Novità giurisprudenziali.
La sentenza del Tar Lazio – l’assimilazione della valuta virtuale alla valuta estera e la compilazione del quadro RW
Il 19 novembre 2019 il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso presentato da due associazioni legate al mondo della Blockchain, (Assob.It e Associazione Blockchainedu) che chiedevano l’annullamento dei provvedimenti emessi dall’Agenzia delle Entrate nell’aprile 2019 e contenenti istruzioni sulle modalità di compilazione del quadro RW da parte dei soggetti che detengono valuta virtuale.
In particolare oggetto della contestazione sono i provvedimenti del Direttore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE,
prot. n. 23596/2019, pubblicato in data 30 gennaio 2019, di «Approvazione del modello di dichiarazione “REDDITI 2019–PF ed il prot. n. 85457/2019, pubblicato in data 10 aprile 2019, di «Modificazioni al modello di dichiarazione “Redditi 2019–PF”e alle relative istruzioni, approvato con provvedimento del 30 gennaio 2019» e delle relative «Istruzioni per la compilazione» del modello redditi 2019.
Partendo dalla richiesta di annullamento dei citati provvedimenti, le predette associazioni, sostengono:
- la non suscettibilità delle valute virtuali a formare oggetto di imposizione fiscale senza una specifica norma legislativa o di rango primario;
- la non assimilabilità delle valute virtuali a quelle estere;
- la mancanza di elementi di territorialità nella formazione dei relativi proventi;
- la mancanza di criteri di collegamento tra dette valute ed il loro possessore-utilizzatore;
- la genericità e la indeterminatezza del relativo trattamento fiscale.
Come anticipato nella nostra precedente pubblicazione dell’8 giugno 2019, l’articolo 4 del Decreto Legge n. 167/190 ha imposto l’indicazione nel quadro RW a carico delle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
Partendo dall’assunzione che le valute virtuali (disciplinate dall’articolo 1, comma 2, lett. qq), del D.Lgs n. 213/2007) siano equiparabili alle valute estere, il Tribunale del Lazio si esprime a favore dell’esposizione nel quadro RW della valuta virtuale, in quanto come le valute estere rientrano tra le attività finanziarie estere.
Il Tribunale recepisce, inoltre, come soggetti abilitati a trattare criptovalute le due nuove figure introdotte in occasione della modifica alla Direttiva antiriciclaggio UE 2015/849, vale a dire i “prestatori di servizi di portafoglio digitale” (custodial wallet) e gli exchanger, che nell’ambito del recepimento all’interno della normativa nazionale (d.lgs n. 231/2007), sono stati riuniti nella categoria dei “prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale”, definiti come “ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale”.
I magistrati concludono affermando che i soggetti che detengono Bitcoin al di fuori del circuito degli intermediari residenti devono segnalare nel quadro RW gli investimenti. Al contrario, sembrerebbe implicitamente confermata la tesi per cui chi detiene criptovalute in un circuito nazionale non dovrebbe fare il monitoraggio fiscale.
Per quanto riguarda le attività detenute all’estero, limitatamente alle valute virtuali, l’Agenzia delle Entrate ha previsto l’esclusione da IVAFE partendo dal presupposto che la valuta virtuale non è custodita in depositi bancari, ed a tale scopo si richiede la barratura della casella 20, posta in corrispondenza dei righi da RW1 a RW5.
Del resto con l’Interpello nr. 956-39 del 2018 (anteriore al Provvedimento contestato), l’Agenzia aveva espresso l’orientamento secondo il quale
le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il citato quadro RW (indicando di inserire nella colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 (“altre attività estere di natura finanziaria”).
Tale orientamento corrispondeva a quanto segnalato anche nella stampa specializzata, (e più precisamente nei commenti agli adempimenti fiscali del 2018 per il 2017), laddove si evidenziava che la modifica di cui al citato d.lgs 90/2017, in forza dell’inserimento nel novero dei soggetti obbligati al monitoraggio degli operatori “non finanziari” di cui all’art. 3, comma 5, lett. i), del 231/2007 (che individuava tra questi anche “i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale”, nel testo in vigore ratione temporis), comportava di fatto l’inserimento nel quadro RW delle “valute virtuali”.
Partendo dal fatto che l’art. 1 del d.l. 167/1990:
“1. Gli intermediari bancari e finanziari di cui all’articolo 3, comma 2, gli altri operatori finanziari di cui all’articolo 3, comma 3, lettere a) e d), e gli operatori non finanziari di cui all’articolo 3, comma 5, lettera i), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento di cui all’articolo 1, comma 2, lettera s), del medesimo decreto sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati di cui all’articolo 31, comma 2, del menzionato decreto, relativi alle predette operazioni, effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni che appaiano collegate per realizzare un’operazione frazionata e limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”
il tribunale amministrativo del Lazio ha considerato infondata la tesi avanzata dalle associazioni di categoria, in quanto l’art. 1 del d. l. n. 167 del 1990 sotto il profilo oggettivo, assoggetta espressamente al monitoraggio sia l’utilizzo delle valute virtuali, che l’utilizzo di “mezzi di pagamento” (distinti dalle prime e definiti, come meglio oltre si vedrà, all’art. 1, comma 2, lett. “s” del dlgs 231/2007); sotto il profilo soggettivo, ai suddetti obblighi di monitoraggio sono tenuti, inoltre, sia gli operatori finanziari che gli operatori non finanziari.
In buona sostanza, il tribunale amministrativo accoglie pienamente la tesi espressa dall’Agenzia delle Entrate senza aggiungere alcuna novità e senza foraggiare alcun dubbio in merito al trattamento fiscale della valuta estera ed all’esposizione nel quadro RW.
Ciò che non viene ancora una volta approfondito è la possibilità per coloro che detengono la criptovaluta tramite gli exchanger italiani di poter considerare la stessa come detenuta nel territorio dello Stato italiano e quindi non suscettibile di esposizione nel quadro RW.
Author: Stefania Barsalini – Studio Dattilo