BITCOIN HA I SECOLI CONTATI*

Le monete tradizionali rischiano di essere troppo poco flessibili per le esigenze di un’economia moderna, e oggi condizionate dalle big data companies.

Il bitcoin potrebbe rappresentare un’alternativa, apportando alcuni miglioramenti insiti nella tecnologia.

La moneta si evolve attraverso la sopravvivenza selettiva della fiducia che raccoglie. Nel caso di bitcoin il valore non è né costruito da un’autorità statale né guidato da una banca centrale, ma sta emergendo dalla realtà sociale. Quindi con bitcoin può succedere di tutto. Di bello e di brutto.

Finora la globalizzazione ha dato la libertà di muovere cose, informazioni e ingenti capitali senza limiti. Gli unici limiti rimasti erano sulla libertà di movimento delle persone e dei loro personali capitali. Ora, grazie a una tecnologia con basse barriere all’ingresso e una piattaforma decentralizzata, si sta sorpassando quest’ultima limitazione personale, perché si semplificano i gradi di separazione tra la libertà finanziaria di un soggetto e l’altro.

Con bitcoin, o con le criptovalute in generale, servono solo due gradi di separazione (altrimenti non si possiede alcuna ricchezza): il primo è tra il possesso della chiave privata e le transazioni non spese sulla blockchain (Utxo), il secondo è la relazione tra i bitcoin e quello che la convenzione sociale affida a detti valori.

Purtroppo, con gli euro o i dollari ci sono molti attori concatenati (banca centrale, banca commerciale, governo, monopoli online, etc.), ognuno portatore dei propri interessi. C’è sempre il rischio che gli intermediari si trasformino in guardiani, limitando l’accesso, creando attriti, frenando l’innovazione per rafforzare il loro dominio sul mercato.

Le monete fiat sono considerate troppo regolamentate e inadatte all’economia moderna, per esempio nello scambio “machine to machine”, e soprattutto troppo allineate sia ai governi sia alle big data company. Queste ultime sono accusate di raccogliere dati degli utenti oltremisura, qui si sottolinea in particolare il pericolo della limitazione alla loro futura libertà finanziaria. Man mano che le big data company raccolgono sempre più dati degli utenti, in risposta nasce la necessità di usare delle nuove criptomonete, quelle che un giorno possono diventare completamente anonime e fungibili, ossia senza la storia dei passaggi di mano a esse collegate.

È naturale che il loro impiego già si scontra contro i governi e i monopoli online. Questi ultimi si stanno anche trasformando in banche mondiali (nel frattempo hanno già più potere dei governi), anche perché temono le straordinarie proprietà liquide e unificanti che ha il denaro. Ecco perché c’è da poco il divieto di usare il termine crypto anche sui social media.

Sembra pertanto che con l’uso delle monete correnti ci rimettano solo le persone. C’è però una divisione troppo aspra tra la pars destruens dei massimalisti e la pars construens (minoritaria), che con i bitcoin vuole contribuire a dare uno sguardo più profondo alle conseguenze che ci aspettano. Questa parte desidera che con la tecnologia la società migliori, per mezzo di opportune scelte. E per scegliere si devono studiare le conseguenze delle nostre azioni, soprattutto quelle collettive. Data l’assoluta rigidità dell’offerta monetaria, questa è una strada che non è stata mai percorsa dall’umanità, e nel lungo periodo può succedere di tutto.

È arrivato quindi il tempo di affiancare all’euro un’altra convenzione sociale e cripto-algoritmica? Può accadere, perché anche bitcoin funziona a prescindere da ogni pianificazione; è sempre alla ricerca dell’innovazione per sfuggire alle limitazioni/regolamentazioni di chi vuole imbrigliare gli “spiriti animali”. Bitcoin, come tutti i sistemi capitalistici, ha i secoli contati.

Massimo Chiriatti

*articolo pubblicato su Nova Sole 24 ore – 3 Giugno 2018