IL PRESIDENTE DELLA FED NON VEDE BITCOIN COME MEZZO DI PAGAMENTO

Sono ripetute le aperture delle istituzioni finanziarie alle monete digitali, con Morgan Stanley che ne consentirà l’investimento solo ai clienti che hanno almeno 2 milioni di dollari in deposito, con la limitazione derivante dalla percentuale che si può destinare all’acquisto di criptovalute, che non può andare oltre il  2,5% del patrimonio netto totale dei singoli clienti; o come JPMorgan che, a fine febbraio, suggeriva un’allocazione bassa e non superiore all’1% a coloro che decidessero di inserire crypto nella loro dotazione.

Anche in Europa rimane costante la volontà di regolamentare il settore.

Qualche giorno fa, l’autorità finanziaria tedesca “Bafin”  ha ritenuto opportuno allertare gli investitori sui rischi associati alle criptovalute, mentre alcune banche nel paese hanno chiesto l’approvazione per iniziare a offrire soluzioni di custodia crypto, o altre come Hauck & Aufhauser, che vorrebbe partire con un fondo che investe in monete digitali.

Sempre in Germania per gli analisti di Deutsche Bank, la capitalizzazione di mercato da 1.000 miliardi di dollari di Bitcoin  ha reso la criptovaluta “troppo importante per essere ignorata” spingendosi oltre tanto da ipotizzare che il prezzo della regina delle monete digitali “potrebbe continuare ad aumentare” fino a che asset manager e compagnie continueranno a entrare nel mercato.

Fanno da contraltare a queste continue dichiarazioni di “accettazione del fenomeno crypto” le parole di Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, il quale sostiene che

“Il Bitcoin può sostituire l’oro ma non il dollaro”

facendo poi riferimento alla volatilità delle monete digitali, più assimilabili ad asset speculativi e quindi più vicine all’oro più che al dollaro, non ipotizzando un futuro come come mezzo di pagamento.

Ma il fatto che il Presidente della Fed ne parli, tutto sembra, tranne che una sottovalutazione della forza dell’innovazione.

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