- 23 Aprile 2022
- Posted by: Cryptovalues
- Category: Cryptovalues News, Fiscale

Sommario
Approda in Senato il disegno di legge n. 2572 d’iniziativa della senatrice Botto, contenente disposizioni fiscali in materia di valute virtuali e disciplina degli obblighi antiriciclaggio.
Quanto alla disciplina fiscale, l’interessante disegno di legge è basato sui seguenti principi:
- le valute virtuali devono essere indicate nel quadro RW al loro costo d’acquisto e solo se al di sopra di una soglia minima di 15.000 euro;
- non è dovuta alcuna IVAFE sulle valute virtuali possedute;
- le plusvalenze realizzate su valute virtuali sono soggette a tassazione con imposta sostitutiva flat del 26%, solo se effettivamente realizzate (non sono mai tassate quelle meramente potenziali) e solo se risulta superato un controvalore minimo a salvaguardia dei piccoli risparmiatori (controvalore in euro delle valute virtuali complessivamente possedute dal contribuente, superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui; si badi bene, calcolato avendo riguardo per il loro costo di acquisto e non per il loro valore di mercato);
- si tiene conto delle peculiarità delle “valute virtuali” come segue:
- si prevede che le plusvalenze su valute virtuali si considerano realizzate solo quando si effettua il pagamento o la conversione in euro o in valute estere, il che significa che l’operatività crypto-to-crypto e i prelievi da wallet non sono tassabili;
- si prevedono criteri che permettano di adempiere agli obblighi fiscali anche laddove risultasse irreperibile la documentazione del costo di acquisto delle valute virtuali;
- si sancisce che le operazioni che consentono di acquisire gratuitamente, a qualunque titolo, valute virtuali (come ad esempio staking, yield farming, ecc.) sono fiscalmente irrilevanti, assumendo dunque rilevanza soltanto la successiva plusvalenza eventualmente realizzato in caso di loro pagamento o conversione in valuta fiat tradizionale.
In definitiva, il sistema di tassazione che si andrebbe a delineare sarebbe il seguente:
- aliquota flat del 26%;
- tassazione applicabile esclusivamente sulle plusvalenze realizzate pagando o convertendo valute virtuali in valuta fiat tradizionale; crypto-to-crypto trades e mero prelievo dal wallet non sarebbero eventi che comportano il realizzo di plusvalenze;
- le plusvalenze realizzate sarebbero tassabili solo se nell’anno d’imposta di realizzo le valute virtuali complessivamente possedute dal contribuente hanno superato l’importo di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui, calcolato avendo riguardo per il loro costo di acquisto;
- irrilevanza fiscale delle operazioni che consentono di acquisire gratuitamente, a qualunque titolo, valute virtuali (come ad esempio staking, yield farming, ecc.); per questi casi, il costo unitario sarebbe assunto pari a zero e, in base al criterio Last In First Out che caratterizza la determinazione delle plusvalenze, le valute virtuali così acquisite sarebbero considerate le prime ad essere cedute in caso di operazioni di realizzo;
- indicazione delle valute virtuali nel quadro RW, indipendentemente dalla modalità di detenzione, solo in caso di superamento di una soglia minima di 15.000 euro; in tal caso, indicazione al loro costo d’acquisto;
- nessuna IVAFE dovuta sulle valute virtuali possedute.
Verrebbe infine introdotto un meccanismo di rivalutazione delle valute virtuali possedute, con effetto sanante di eventuali violazioni relative al quadro RW commesse in passato, dietro pagamento di una imposta sostitutiva pari all’8% se il valore complessivo delle valute virtuali è inferiore a 500.000 euro, al 9% se il valore complessivo delle valute virtuali è ricompreso tra 500.001 euro e 1.000.000 euro e al 10% se il valore complessivo delle valute virtuali è superiore a 1.000.000 euro. Il valore delle valute virtuali da prendere a riferimento sarebbe quello al 1° gennaio 2022, da stimare con apposita perizia giurata redatta da soggetti abilitati, secondo lo schema già noto della rivalutazione delle partecipazioni non quotate e dei terreni edificabili. L’effetto sanante riguarderebbe il solo quadro RW, e non invece eventuali comportamenti penalmente rilevanti per cui restano applicabili i normali presidi di legge.
Articolo completo
In questi giorni è stata presentata in Senato una proposta di legge per introdurre una disciplina fiscale degli investimenti in valute virtuali, d’iniziativa della senatrice Botto (disegno di legge n. 2572).
La proposta muove dai seguenti principi:
- le valute virtuali sono un asset class a sé stante, con regole specifiche, fermo restando che si tratta pur sempre di un asset di natura finanziaria e quindi soggetto a tassazione con imposta sostitutiva ad aliquota fissa 26% (e non ad aliquote marginali);
- le valute virtuali sono un asset di natura finanziaria “estero” e, pertanto, devono essere indicate nel quadro RW; si stabilisce che debbano essere indicate al loro costo d’acquisto (e non al valore di mercato, considerato che manca ad oggi un “mercato regolamentato” di riferimento, perlomeno nell’accezione fiscale proposta dall’Agenzia delle entrate), solo se il costo d’acquisto delle valute virtuali complessivamente possedute, raggiunto nel periodo d’imposta, supera i 15.000 euro;
- si conferma che non è dovuta alcuna IVAFE sulle valute virtuali possedute;
- le plusvalenze su valute virtuali non sono tassabili in capo a piccoli risparmiatori che investono importi modesti; viene infatti previsto che le plusvalenze sono tassabili se, nel periodo d’imposta in cui sono realizzate, il controvalore in euro delle valute virtuali complessivamente possedute dal contribuente, calcolato avendo riguardo per il costo di acquisto, è superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui; a questi fini, il costo di acquisto deve essere documentato a cura del contribuente e, laddove ciò non risulti possibile, è assunto avendo riguardo per il cambio utilizzato nell’ultima operazione eseguita dal contribuente in relazione alle medesime valute virtuali o, in assenza, per il cambio rilevato all’inizio del periodo d’imposta da documentazione raccolta a cura del contribuente;
- le plusvalenze su valute virtuali sono tassabili – laddove risulti superata la predetta soglia di 51.645,69 euro – solo se effettivamente realizzate (quelle meramente potenziali non sono mai tassabili); si tiene in questo senso conto delle peculiarità di questa particolare asset class, come segue:
- le plusvalenze su valute virtuali si considerano realizzate solo quando si effettua il pagamento o la conversione in euro o in valute estere tradizionali, il che significa che:
- le crypto-to-crypto trades non sono tassabili; non vi è infatti capacità contributiva fintanto che non si effettui il pagamento o la conversione di valute virtuali in euro o valute estere;
- non si applica, alle valute virtuali, la presunzione di realizzo in caso di mero prelievo da un wallet;
- le operazioni che consentono di acquisire gratuitamente, a qualunque titolo, valute virtuali (come ad esempio staking, yield farming, ecc.) sono fiscalmente irrilevanti, posto che anche in tal caso non vi è capacità contributiva fino all’effettiva conversione in euro o valute estere tradizionali; per queste fattispecie, il costo unitario delle valute virtuali ricevute viene assunto pari a zero; la tassazione avviene dunque solo in caso di loro realizzo a fronte di euro o valute estere tradizionali (plusvalenza), considerato che, in base al criterio Last In First Out che caratterizza la determinazione delle plusvalenze, le valute virtuali così acquisite sarebbero considerate le prime ad essere cedute;
- si riconosce che, in alcuni casi, potrebbe risultare irreperibile la documentazione del costo di acquisto delle valute virtuali (casi di exchange falliti o soggetti ad attacchi di hacker, ecc.) e si stabilisce che in tali casi la plusvalenza eventualmente realizzata – che risulterà tassabile solo in caso di superamento della soglia dei 51.645,69 euro – sia determinata, in via presuntiva, in misura pari al 25 per cento dell’ammontare ricevuto in pagamento o in conversione, secondo un criterio già applicato ai metalli preziosi.
- le plusvalenze su valute virtuali si considerano realizzate solo quando si effettua il pagamento o la conversione in euro o in valute estere tradizionali, il che significa che:
Facciamo due esempi per capire meglio.
Filippo acquista nel 2021 la quantità di 1 bitcoin pagandolo 30.000 euro (30.000 euro/bitcoin). Nel 2021 Filippo non fa altre operazioni, di alcun tipo. Cosa deve fare Filippo nel 2021, seguendo la linea del disegno di legge presentato? Indicare nel suo quadro RW di possedere valute virtuali per un costo di acquisto complessivo di 30.000 euro, e nient’altro. Non conta che oscillazione possa aver avuto bitcoin nel 2021, perché Filippo non ha pagato né convertito in euro o in valute estere tradizionali i suoi bitcoin e, quindi, non ha realizzato i plusvalori latenti.
Ipotizziamo che Filippo, nel 2022, voglia vendere 0,5 bitcoin al prezzo di 40.000 euro/bitcoin e realizzare quindi in euro una parte del plusvalore fin qui maturato. Su quella operazione, Filippo calcola la sua plusvalenza realizzata: 20.000 – 15.000 = 5.000 euro. Questa plusvalenza realizzata è tassata? La risposta è no, perché il controvalore in euro delle valute virtuali complessivamente possedute da Filippo nel 2022, calcolato avendo riguardo per il costo di acquisto, è pari a 30.000 euro e quindi è inferiore a 51.645,69 euro. Nel 2022 Filippo dovrà quindi indicare, nel suo quadro RW, che le valute virtuali da lui possedute sono passate da un costo iniziale complessivo di 30.000 euro ad un costo finale complessivo di 15.000 euro (quello di 0,5 bitcoin che non ha venduto).
Marco acquista nel 2021 la quantità di 3 bitcoin pagandoli 90.000 euro in tutto (30.000 euro/bitcoin). Nel 2021 Marco non fa altre operazioni, di alcun tipo. Cosa deve fare Marco nel 2021, seguendo la linea delle proposte sopra menzionate? Indicare nel suo quadro RW di possedere valute virtuali per un costo di acquisto complessivo di 90.000 euro, e nient’altro. Non conta che oscillazione possa aver avuto bitcoin nel 2021, perché Marco non ha pagato né convertito in euro o in valute estere tradizionali i suoi bitcoin e, quindi, non ha realizzato i plusvalori latenti.
Ipotizziamo che Marco, nel 2022, voglia vendere 1 bitcoin al prezzo di 40.000 euro/bitcoin e realizzare quindi in euro una parte del plusvalore fin qui maturato. Su quel bitcoin, Marco calcola la sua plusvalenza realizzata: 40.000 – 30.000 = 10.000 euro. Questa plusvalenza realizzata è tassata? La risposta è sì, perché il controvalore in euro delle valute virtuali complessivamente possedute da Marco nel 2022, calcolato avendo riguardo per il costo di acquisto, è pari a 90.000 euro e quindi è superiore a 51.645,69 euro. Nel 2022 Marco dovrà quindi indicare la plusvalenza di 10.000 euro nella sua dichiarazione (quadro RT) e pagare un’imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 26% di quella plusvalenza (2.600 euro). Nel suo quadro RW, poi, Marco indicherà che le valute virtuali da lui possedute sono passate da un costo iniziale complessivo di 90.000 euro ad un costo finale complessivo di 60.000 euro (quello dei 2 bitcoin che non ha venduto).
Il disegno di legge prevede infine un importante meccanismo di rivalutazione delle valute virtuali possedute secondo lo schema già noto della rivalutazione delle partecipazioni non quotate e dei terreni edificabili, con effetto sanante di eventuali violazioni relative al quadro RW commesse in passato, che si articola come segue:
- pagamento di una imposta sostitutiva pari all’8%, 9% o 10% del valore di mercato delle valute virtuali complessivamente possedute, determinato in base ad apposita perizia giurata di stima; nello specifico l’aliquota è pari al 8% quando il valore complessivo delle valute virtuali da assoggettare ad imposta sostitutiva è inferiore a 500.000 euro, al 9% quando il valore complessivo delle valute virtuali è ricompreso tra 500.001 euro e 1.000.000 euro e al 10% quando il valore complessivo delle valute virtuali è superiore a 1.000.000 euro;
- il valore delle valute virtuali da prendere a riferimento è quello al 1° gennaio 2022, da stimare con apposita perizia giurata redatta da soggetti abilitati, peraltro obbligati agli opportuni controlli antiriciclaggio;
- il pagamento dell’imposta sostitutiva, oltre ad avere l’effetto di rivalutare le valute virtuali ai fini fiscali, ha effetto sanante di eventuali omissioni nella compilazione del quadro RW, a condizione che nella prima dichiarazione dei redditi presentata il contribuente indichi le proprie valute virtuali nel quadro RW e adotti quale controvalore il valore così rivalutato;
- la rivalutazione con imposta sostitutiva non ha invece alcun effetto sanante per quanto concerne eventuali comportamenti penalmente rilevanti, per cui restano applicabili i normali presidi di legge.