PORTOGALLO E LA TASSAZIONE DELLE CRIPTOVALUTE

La tassazione delle criptovalute risulta argomento sempre più dibattuto e il Portogallo sembrava fosse una sorta di paradiso per le tasse. 

Il Portogallo è stato piuttosto liberale per ciò che concerne gli asset digitali.

La Banca centrale portoghese ha concesso licenze a vari exchange e all’inizio del mese di maggio è stato acquistato un appartamento per tre bitcoin.

Ma le intenzioni perché Lisbona diventasse un luogo fertile per la libertà finanziaria – con condizioni fiscali estremamente convenienti e con molti che avevano pensato di trasferirsi per questo motivo proprio da quelle parti –  non hanno trovato seguito. 

A fronte di una proposta avanzata da alcuni partiti di sinistra di tassare i guadagni da crypto con l’obiettivo di non avere differenze di tassazione tra criptovalute ed il mercato finanziario, è arrivata la bocciatura da parte del Parlamento. 

La decisione di regolamentare il mercato delle criptovalute è difficile per i governi.

Questo mercato rappresenta un unicum non assimilabile ai mercati finanziari, per quanto talvolta ci siano delle congruenze e dei modi non dissimili di interpretazione degli accadimenti.

Ricordiamo che al momento, in Portogallo non esiste un’imposta sulle plusvalenze derivanti dallo scambio di criptovalute e seppure questa proposta non si è fatta strada in Parlamento risulta ormai imminente un intervento legislativo.

Spostandoci in India, ovvero un Paese che dal primo aprile ha adottato la tassazione delle crypto,  con una percentuale  del 30% sulle plusvalenze, le borse indiane hanno visto un calo dei volumi di scambio tra il 15% e il 55% a seguito del nuovo regime.

Probabilmente la percentuale troppo alta di prelevamento (30%) deve fare riflettere, perché può immediatamente sortire l’effetto di cristallizzare una parte troppo importante delle transazioni con riduzioni dei volumi fino alla metà.