- 30 Luglio 2019
- Posted by: Curatore
- Category: Cryptovalues News, Fiscale
Una proposta di legge denominata Raider tax vorrebbe mettere un punto fermo sulla fiscalità nel mondo delle criptovalute.
Pur ritenendo doverosa una regolamentazione chiara anche sotto l’aspetto fiscale, rileviamo che le proposte fatte, in alcuni punti, potrebbero risultare pericolose per lo sviluppo e la diffusione di questa neonata industria.
Conoscendo il grande valore potenziale che potrebbe avere per la nostra economia il mondo dei cryptoasset, condividiamo alcune prime valutazioni del nostro esperto in materia fiscale e mettiamo a disposizione le diverse competenze interne al Consorzio con l’obiettivo di poter avere un confronto con il legislatore e arrivare così ad una proposta che possa rendere l’Italia, ancora una volta, il Paese in grado di guidare e tracciare il solco dell’innovazione, attirando verso di sé le migliori aziende e i migliori investitori a livello europeo.
Federica Rocco
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Raider Tax criticità e rischi
Il senatore Mario Turco del M5S, componente della commissione Finanze di Palazzo Madama e docente di Economia aziendale all’Università del Salento è il primo firmatario del disegno legge in corso di definizione volto a tassare le speculazioni finanziare e sulle criptovalute.
Tale progetto impositivo è stato denominato “Raider Tax” ed ha come obiettivo quello di sostituire la “Tobin Tax”.
Nello specifico l’intento il senatore pentastellato è di
“andare a colpire soprattutto le operazioni speculative di vendita andando a prevedere un’imposta che cresca in funzione degli importi negoziati e che sia progressiva al decrescere del tempo di negoziazione. In pratica, più è vicino il tempo della vendita più è elevata l’aliquota della tassazione».
In pratica quindi la tassazione si modulerebbe in maniera progressiva in base al tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita. Questo implica indirettamente che le attività meramente speculative (ossia quelle in cui acquisto e cessione avvengono in tempi brevissimi) vengano sfavorite mentre invece gli investimenti azionari in società vengono avvantaggiate.
Secondo l’interpretazione del senatore l’obiettivo e sia di sostituire la Tobin Tax che ha palesemente fallito sia permettere l’ingresso nel mercato italiano di capitali permanenti e non solo speculativi.
Il Mondo Crypto
L’intento della Norma, purtroppo, è quello di colpire anche il trading speculativo delle criptovalute. In tal senso il senatore sottolinea che la volontà (sua evidentemente) è di disciplinare e tassare le plusvalenze derivanti dagli acquisti e cessioni delle criptovalute.
La critica
A nostro parere tale disegno di legge presente una serie di criticità che di seguito sono analizzate.
Una delle più evidenti criticità è di natura operativa. Non è chiaro come si possa implementare tale norma, risulta infatti per lo Stato impensabile riuscire ad avere traccia di ogni singola transazione effettuata per ogni singola criptovaluta.
Sul mercato una criptovaluta viene acquistata e rivenduta decine di volte, volendo applicare questa imposta progressiva in base al periodo di permanenza della criptovaluta nel wallet, lo Stato dovrebbe avere la capacità per la singola criptovaluta di tracciarne la provenienza, la data di acquisto e la data di vendita. A nostro parere impensabile.
La seconda criticità riguarda il mercato. Non essendoci una armonizzazione dell’imposta a livello europeo/mondiale (l’Italia sarebbe uno dei primi Stati ad applicare una imposta del genere) i flussi si potrebbero spostare rapidamente verso i mercati “Free Raider Tax”. Di conseguenza la previsione del senatore di incrementare gli investimenti in capitali permanenti comporterebbe inevitabilmente una riduzione dei capitali speculativi.
Un ulteriore riguarda la natura delle piattaforme di negoziazione. Molte di queste monete virtuali vengono negoziate per lo più su Exchange non regolamentati che operano in paradisi fiscali. Sarebbe quindi complicatissimo per lo Stato tracciare tali compravendite (soprattutto a causa della non collaborazione con molti dei paesi che permettono tali operatività).
Le conseguenze per l’industria italiana
In merito a ciò, tale imposizione non farebbe altro che inaridire il nascente mercato e soprattutto il settore “industriale” italiano delle criptovalute. Infatti attualmente, tale settore è in forte crescita e ciò rappresenta un elemento più che positivo per lo Stato, in quanto i trader posso investire tramite strutture regolamentate e residenti in Italia; un’imposizione del genere comporterebbe non solo la desertificazione di tale mercato italiano ma anche la fuga di capitali verso gli Exchange sopra citati (ossia non regolamentati e residenti in paradisi fiscali).
Aumentare il carico fiscale in maniera così sconclusionata comporterebbe dunque una fuga inevitabile degli investitori ed anche degli operatori industriali, che in questo periodo stanno approcciando vari progetti interessanti di matrice italiana. In buona sostanza un settore ad alta contribuzione al PIL italiano verrebbe totalmente a mancare.