- 9 Ottobre 2018
- Posted by: Curatore
- Category: Cryptovalues News, Fiscale
Le problematiche dei Token come strumento di autofinanziamento per le Imprese Italiane
Con Risposta n. 14 del 28 settembre 2018 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul regime fiscale relativo alla offerta di token digitali nell’ambito del reddito d’impresa.
Oggetto dell’interpello.
L’interpello è stato incentrato sul trattamento fiscale delle società Italiane emittenti i Token ed in particolar modo viene richiesto di conoscere il trattamento fiscale degli Utility Token (UTO).
Gli UTO e le operazioni collegate c.d. ICO “Initial coin offerings” rappresentano una innovativa e formidabile forma di finanziamento per le imprese; essi sono delle offerte pubbliche iniziali effettuate tramite il web con le quali vengono offerti al pubblico, in pre-vendita dei token ossia dei “gettoni”, ciascuno dei quali corrisponde ad un download per un futuro servizio di una app ancora in progettazione.
Nel testo dell’interpello si rileva che la Società istante ha messo in pratica un’operazione di ICO, attuata per mezzo del c.d. “White Paper” che non è altro che il tradizionale prospetto informativo per il “collocamento” dei UTO e la raccolta dei relativi fondi.
I Token e il settore FinTech (autofinaziamento).
Nel mercato della raccolta di finanziamenti per lo sviluppo delle imprese, in alternativa al sistema bancario, le imprese sempre più stanno considerando l’uso degli UTO.
In pratica invece di richiedere fondi al sistema bancario, che tradizionalmente concede un prestito all’impresa, previa analisi del progetto industriale e del suo apprezzamento da parte di sedicenti “tecnici”, le imprese si rivolgono direttamente e senza intermediari, alla rete globale pubblicando il loro progetto imprenditoriale – White paper – e raccogliendo facilmente e velocemente la finanza per i nuovi investimenti.
Questa forma di finanziamento innovativa prevede la totale assenza di finanziatori istituzionali e la presenza di investitori su scala mondiale.
Per raccogliere fondi dunque l’impresa offre al mondo degli investitori globali la possibilità di acquisire anzitempo un “token” che permetterà poi di “ritirare” (eseguire un download) del prodotto commerciale promesso.
In altre parola il c.d. Utility Token non è altro che una “lettera di vettura” che permetterà, a chi lo possiede, di usufruire del servizio, quando sarà disponibile dopo la sua produzione.
Le regole dell’emissione sono stabilite nel White Paper, una sorta di prospetto informativo dell’emissione, dove sono indicati i valori di riferimento, le quantità emesse e le eventuali regole di lockup.
In base alle caratteristiche e soprattutto in base al numero dei pezzi emessi (numero fisso e mai modificabile), il mercato telematico genera il valore di quotazione.
Per poter emettere Token e poterli collocare e negoziare in tutta sicurezza sulla Block chain essi vengono tecnicamente “agganciati” ad una criptovaluta (Coin) conosciuta universalmente, come ad esempio i Bitcoin o meglio come gli Ethereum (sono tecnologicamente più adatti a questa funzione).
Il quesito
La Società istante ha posto una serie di quesiti inerenti al trattamento fiscale degli UTO nell’ambito del reddito d’impresa e dell’Imposta sul valore aggiunto.
In particolare gli UTO oggetto dell’interpello riguardavano il pre-pagamento di un servizio di diagnostica sanitaria (infertilità inspiegata). Dall’interpello non si evince chiaramente a che prezzo sono stati emessi gli UTO ma si è inteso che essi quasi sicuramente sono stati emessi per un valore inferiore a quello normalmente praticato per un medesimo servizio.
Tale “sconto” spiegherebbe l’appeal economico di questa sempre più diffusa forma di autofinanziamento che ultimamente registra un tutto esaurito nei collocamenti.
Con l’emissione di UTO con valori molto bassi infatti, è sorto un mercato secondario di tali strumenti e con esso si è dato il via ad un’intera industria che gravita intorno alle quotazioni/negoziazioni di tali strumenti.
I quesiti posti dalla Società emittente sono stati dunque:
- Emissione e collocamento sul mercato degli UTO – trattamento ai fini Ires Irap.
- Erogazione dei servizi – trattamento fiscale ai fini del reddito d’impresa.
- Trattamento fiscale dello stock di UTO non collocati e presenti a fine anno.
- Benefit ai dipendenti o amministratori dei UTO Giova premettere che le interpretazioni dell’ADE rilasciate in questa specifica risposta sono state generalmente coerenti con l’impianto normativo vigente ed in piena armonia con il settore delle criptovalute.
Tale affermazione è d’obbligo in quanto l’Ade non sempre ha brillato di lungimiranza e di obbiettività interpretativa delle norme inerenti al trattamento dei Bitcoin e delle criptovalute in genere.
Una per tutte si rammentano le risposte date (tutte uguali) all’interpretazione assolutamente errata data al Wallet, secondo la quale esso è perfettamente assimilabile al deposito bancario in valuta e come tale soggetto a tutte le norme previste sulla giacenza in valuta estera. In questo ambito invece, l’Ade correttamente ricorda che gli UTO sono dei voucher per ritirare un bene o servizio e come tali devono essere trattati dalla società che li emette.
Al momento dell’emissione e collocamento dell’incasso non si realizza dunque alcun evento fiscale (no Iva no IIDD) in quanto si tratta semplicemente di una cessione di denaro finalizzata a generare un acconto su una prestazione economica non ancora ultimata (la vendita del bene o servizio).
Pertanto il collocamento degli UTO e i relativi incassi non sono altro che un’operazione di raccolta finanziaria e come tale dovrà essere inquadrata contabilmente e redditualmente.
Contabilmente la società emittente, al momento dell’incasso, registrerà un debito a Stato Patrimoniale verso gli utilizzatori ed un credito bancario per gli incassi eseguiti.
Gli eventi contabili successivi, sono invece redditualmente rilevanti e l’Ade lo ha chiaramente affermato nel prosieguo della risposta.
Al momento dell’erogazione del servizio o della consegna del bene, che sarà attuata mediante ritrasferimento dell’UTO alla società emittente, il debito verso gli utilizzatori (limitatamente al singolo UTO utilizzato) si trasformerà dunque in corrispettivo ed incasso definitivo di un ricavo.
In quel caso ed in quel momento l’UTO diviene a tutti gli effetti incasso e genererà un ricavo fiscalmente rilevante ai fini IIDD e concorrerà alla formazione del reddito complessivo IRES ed IRAP della Società.
Ai fini IVA l’incasso genererà una prestazione IVA che seguirà le regole proprie del negozio economico riferito al bene o servizio ceduto.
Dalla lettura dell’interpello si apprende anche che l’Ade ha voluto compiutamente trattare l’argomento degli stock di UTO che la Società ha prodotto ma che non ha collocato sul mercato telematico e che sono rimasti giacenti a fine anno.
Nella prassi delle ICO accade sempre che il Soggetto emittente gli UTO, nella previsione che il valore degli stessi possa incrementarsi per effetto di una felice quotazione, detenga a fine esercizio uno stock di UTO non collocati (oppure capiterà in seguito che per effetto degli incassi degli UTO per l’erogazione del servizio, la Società emittente si ritroverà in contabilità ulteriore stock di UTO).
In questa evenienza, le regole previste in tema di valute virtuali e ribadite anche dalla Ris. n. 72/E del 2016, stabiliscono che detto stock debba essere valutato in base al cambio in vigore alla data di fine esercizio e che tale valutazione assumerà rilievo fiscale ai sensi dell’Art. 9 del TUIR.
La valutazione concorrerà poi alla formazione del reddito imponibile complessivo. Infine sul tema dei benefit ricevuti dai dipendenti della società, compresi gli amministratori e collaboratori, l’ADE conferma che i Token, essendo dei beni fungibili e valutabili astrattamente, rappresentano dei beni economici la cui donazione ai dipendenti rappresenta un arricchimento per chi li riceve.
Pertanto l’erogazione di tali attività ai dipendenti o collaboratori sono stati correttamente inquadrati dall’ADE tra le remunerazioni tassate Irpef, previste a favore dei percettori dipendenti o collaboratori.
Si ricorda che per la legge italiana ogni donazione di ricchezza, in qualsiasi forma essa venga attuata, a favore di dipendenti/amministratori o qualsiasi altro soggetto legato anche indirettamente alle prestazioni lavorative della Società, sono tassate IRPEF e contribuzione, come qualsiasi altro benefit dato ai dipendenti.
Il Collocamento dei Token e la relativa raccolta finanziaria – un problema regolamentare più che fiscale.
Il Problema sostanziale ed effettivamente più difficile da risolvere non è quello fiscale, ma regolamentare (Consob e Banca d’Italia). Come visto in ambito fiscale la Società ha la strada tracciata e di sicura interpretazione normativa.
Del resto con le ultime definizioni che le varie autorità hanno dato dei fenomeni legati al Mondo delle Criptovalute è stato abbastanza facile per l’ADE collocare correttamente la fattispecie degli UTO all’interno di un set normativo fiscale già esistente.
Tuttavia, se si sposta l’attenzione ai problemi della sollecitazione al pubblico risparmio e della adeguata verifica dei soggetti finanziatori (antiriciclaggio), le cose cambiano notevolmente. Infatti il nostro Ente regolatore Banca d’Italia unitamente alla Consob, ma con loro tutti gli Enti regolatori e di vigilanza europei, sono da tempo in allerta massima per vigilare sul fenomeno degli UTO. Le tematiche su cui hanno posto le principali attenzioni sono:
- la riconducibilità di queste emissioni di voucher alla sollecitazione del pubblico risparmio e
- l’adeguata verifica dalla provenienza dei fondi degli investitori che acquisiranno gli UTO.
Data l’estrema facilità con cui risulta possibile “sollecitare” gli investitori con un semplice white paper pubblicato su internet, e considerato che il fenomeno degli UTO è stato molto apprezzato nel mondo degli speculatori più per l’aspetto finanziario che per il servizio sottostante, gli Enti europei di vigilanza sui mercati finanziari, preoccupati delle conseguenze possibili derivanti dall’allargamento del fenomeno, hanno posto o stanno per promuovere la fissazione di condizioni e divieti per l’emissione di questi programmi, tentando dunque di ricondurli il più possibile sotto il controllo dei prospetti informativi per le raccolte di fondi.
Sul lato dell’antiriciclaggio (AML e KYC), le azioni poste in essere da tali Enti sono quelle di evitare che sfuggano al controllo della c.d. “adeguata verifica” una ingente fetta di capitali dalla provenienza opaca. Non a caso nella Confederazione Elvetica, all’indomani dei favolosi programmi di ICO dove sono stati raccolti decine di milioni di Euro collocando centinaia di milioni di UTO, il sistema bancario svizzero, fortemente spinto dalla FINMA, l’ente di vigilanza della Banca Svizzera, ha dovuto bloccare i conti delle società emittenti per poter procedere ad un’adeguata verifica “rafforzata” sulla provenienza di questa abbondante liquidità.
Il pericolo serio è stato di dover involontariamente ri-diventare una piazza off-shore dopo tutti gli sforzi per diventare un Paese White listed.
di Maurizio Dattilo e Stefania Barsalini
*articolo pubblicato su ITALIAOGGI7 del 8 ottobre 2018