VIA LIBERA ALL ‘ USO DEI BITCOIN OLTRE 3 mila €

Tutto il settore delle blockchain e delle criptovalute in genere rappresentano sicuramente un momento storico al pari di una rivoluzione industriale del diciottesimo secolo o della c.d. “dot economy” (.com) di fine millennio. Come tutte le rivoluzioni che si rispettino, anche questa si muove in un contesto normativo assente o che mal si congenia con la novità. In questa primavera estate si è assistito infatti ad un delirante tentativo di applicazione delle regole fiscali, studiate per le valute tradizionali e forzatamente applicate ad un Mondo virtuale che è solo apparentemente simile alle monete tradizionali, ma che è sostanzialmente difforme da tutte le forme di investimento fin qui conosciute.

Si parla infatti delle risposte ai numerosi interpelli fiscali, che come previsto, hanno provocato delle vere e proprie tragedie nell’ambito dei neo milionari virtuali nostrani. In buona sostanza l’Agenzia ha voluto forzatamente ed arbitrariamente collocare le criptovalute nell’ambito delle valute tradizionali e conseguentemente ha imposto metodologie di calcolo risultate assolutamente errate e dai calcoli praticamente impossibili. Lo smarrimento del Contribuente aumenta ulteriormente quando si tratta di redigere il quadro RW (Monitoraggio fiscale) e decidere se assoggettare il tutto all’IVAFE.

Con riferimento al tema c.d. reddituale, premesso che, in via generale, le plusvalenze finanziarie sono assoggettate a tassazione con applicazione di un’imposta sostitutiva del 26%, l’assurdo e impossibile metodo di calcolo delle plusvalenze derivanti dalle criptovalute si basa sulla rilevazione (ex post) delle plusvalenze che tenga conto dei movimenti all’interno dei vari wallet e degli switch tra tipi diversi di criptovaluta e di token.

Di conseguenza tutte le plusvalenze derivanti dalle vendite di criptovalute (cross-selling) dalla negoziazione dei Token (Utility e security) e dalle operazioni di ICO (initial coin offer) sarebbero (secondo l’Agenzia) tassate non al momento del loro definitivo realizzo (conversione in Euro) ma alla semplice compravendita in ambito virtuale. Pertanto compravendere BTC con ETH e realizzare una plusvalenza temporanea (temporanea perché siamo sempre nell’ambito virtuale) per l’Agenzia equivale a vendere USD contro Euro e pretende di tassare detta plusvalenza (in altri termini si tratterebbe di tassare la fattispecie in un momento molto simile alla maturazione e non all’effettivo realizzo in euro o altra valuta tradizionale).

  1. Pertanto, interpretando le risposte dell’A.F. secondo questo contesto, è possibile evidenziare quanto segue: In caso di prelievi di criptovaluta a pronti dai wallet, è necessaria un’analisi preliminare per la verifica del superamento del controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta (art. 67, comma 1-ter, del T.U.I.R.); per la determinazione del controvalore in euro, si utilizza il cambio al 1° gennaio dell’anno di riferimento. Qualora si verifichi tale condizione (superamento del predetto controvalore), ogni conversione in euro è astrattamente produttiva di redditi diversi (art. 67, comma 1, lett. c-ter), del T.U.I.R.;
  2. Qualora l’operazione rientri nell’ambito di applicazione delle lettere c-quater) e/o c-quinques) del comma 1 dell’art. 67 del T.U.I.R. (cessioni a termine di criptovalute, contratti derivati o altri rapporti produttivi di redditi di capitale), è in ogni caso produttiva di redditi diversi. Per poter determinare le eventuali plusvalenze, il Trader dovrebbe recuperare a posteriori i seguenti dati:

– Bonifici eseguiti verso gli exchange effettuati nel corso del 2017 (od anche anni precedenti) per l’acquisto di valute virtuali;

– Accrediti ricevuti nel 2017 dai conti omnibus dei vari exchange utilizzati sul conto corrente personale, riferibili alla riconversione di valute virtuali in valute tradizionali.

– Tutte le transazioni in posizioni virtuali annotate in ordine di data e col sistema LIFO.

È evidente che nessuno possiede a posteriori le informazioni inerenti alle singole transazioni ricalcolate secondo il metodo LIFO ed ovviamente nemmeno la funzione accertatrice dell’Agenzia delle Entrate le possiede.

In definitiva, in mancanza di tutte queste informazioni, si arriverà nuovamente e semplicemente a tassare la differenza tra quanti Euro sono stati investiti in Criptovaluta e quanti Euro sono stati riconvertiti dal mondo virtuale.

MONITORAGGIO FISCALE – Quadro RW. Per poter censire il fenomeno delle criptovalute, l’Amministrazione Finanziaria ha stabilito che le valute virtuali siano considerate “attività finanziarie detenute all’estero” e trattate come tali, rendendosi applicabili i principi enunciati dal D.L. 167/1990 in tema di investimenti e attività finanziarie detenuti all’estero. Si tratta di un’interpretazione sicuramente discutibile, in quanto non è chiaro il concetto di “estero” per un fenomeno completamente “apolide”. Tuttavia si osserva che il tema è prettamente dichiarativo (non si applica l’IVAFE per i motivi di cui sopra) e, pertanto, non essendoci temi reddituali, non è il caso di soffermarsi ulteriormente (il contenuto del quadro RW, in linea di massima, non si interfaccia con alcuno dei quadri reddituali).

Di conseguenza, le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il quadro RW. Il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31/12 (o alla fine, in caso di cessione) del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale o comunque utilizzando la media di quelli più rappresentativi.

IVAFE.

Come già anticipato, l’unica nota positiva dell’Agenzia è la seguente: sugli investimenti in criptovalute non è dovuta l’IVAFE. L’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero, introdotta dal governo Monti all’inizio del 2012 per far fronte alle conseguenze della grave crisi finanziaria del 2011, si applica, infatti, esclusivamente ai depositi e ai conti correnti di natura “bancaria”, così come specificato dalla Circolare n. 28/E del 2 luglio 2012.

Tale esclusione è un chiaro esempio di come l’Amministrazione Finanziaria abbia deciso di interpretare il fenomeno a seconda della propria convenienza.

Inspiegabilmente, ai fini dell’Ivafe, i wallet NON sono considerati depositi che integrano i requisiti bancari.

Per una più agevole comprensione della fiscalità di seguito la Tabella sinottica dei principali prodotti in criptovalute:

 

Tuttavia l’intera economia delle criptovalute va avanti e i traders continuano a generare utili, nonostante tutto. Anche in Italia si rilevano molti neo-milionari che hanno scommesso e vinto sull’incremento di valore della valuta virtuale, tuttavia molti di questi sono rimasti “investiti” in moneta virtuale principalmente perché sperano in ulteriori rialzi, ma anche perché vi sono ancora incertezze sulla tassazione e soprattutto sulla questione dell’antiriciclaggio (provenienza dei fondi) e dell’autoriciclaggio (uso di fondi illeciti).

Nelle more di risolvere questi problemi, molti si chiedono se sia possibile, nell’immediato, spendere direttamente bitcoin acquistando beni e servizi, senza passare da una preventiva conversione in Euro.

A tutt’oggi in Italia sono veramente pochi i Soggetti economici disposti ad accettare criptovaluta in luogo degli Euro.Tuttavia, al di fuori dell’ambito della zona di Rovereto – la BTC valley d’Italia – risulta che il fenomeno è ancora relegato a pochi operatori.

La notizia che ha fatto più scalpore è stata una compravendita immobiliare operata da un Soggetto persona fisica (di origine cinese) per acquistare un’abitazione a Torino, spendendo Bitcoin.Sempre nel settore immobiliare, risulta che a Roma una società di costruzioni edili ha messo in pratica tre vendite immobiliari. In questo caso il Costruttore di Roma (Barletta Costruzioni srl) ha espressamente pubblicizzato la vendita degli appartamenti con la possibilità di pagare il prezzo in bitcoin, rendendo dunque la vendita più attraente per i Traders che hanno bitcoin in surplus.

Ma com’è possibile operare una compravendita, con tanto di notaio, senza utilizzare la moneta corrente? Le norme attuali permettono un tale negozio?.Giova subito anticipare che l’utilizzo della moneta in corso d’uso (l’Euro) nella compravendita ha effetto liberatorio, libera cioè il debitore da qualsiasi rivalsa, mentre ciò non si può dire della valuta virtuale (non ancora), in quanto non è considerata valuta a tutti gli effetti. Sulla base di tale osservazione pertanto la forma giuridica che più si adatta alla fattispecie, che possa replicare un effetto liberatorio, è il baratto (o permuta) di beni.

Per quanto riguarda le descritte vendite immobiliari in cambio di bitcoin, risulta dunque che il notaio rogante non ha “liberato” la Parte acquirente dall’obbligazione di pagare, in quanto in atto è stato affermato che il pagamento sarebbe avvenuto in un momento successivo, senza specificare le modalità ma solo i tempi. In tal modo si è permesso alle parti di “trasformare” la compravendita in un “baratto” vero e proprio dove una delle due attività barattate è rappresentato da un wallet pieno di bitcoin sonanti, e utilizzando così lo strumento giuridico della datio in solutum (prestazione in luogo dell’adempimento) prevista dal codice civile all’art. 1197.

Se dal punto di vista pratico la questione sembra risolta brillantemente, da un punto di vista giuridico non lo è affatto. Occorre tenere presente che l’articolo 49 del D.lgs. n. 231/2007, vieta il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in Euro od in valuta estera, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente superiore ad Euro 3.000.

Giova ricordare che nei sistemi di pagamento basati sulle criptovalute, l’assenza di intermediari soggetti alle norme antiriciclaggio rischia di dar luogo a operazioni di riciclaggio e finanziamento al terrorismo.Nel “mondo reale”, gli interventi di contrasto alle transazioni illecite spesso si sviluppano con indagini di polizia giudiziaria conseguenti, sia alle segnalazioni di operazioni sospette inoltrate da intermediari ed operatori finanziari, che ai controlli sulle movimentazioni di valuta.

Nel caso delle valute virtuali, tuttavia, essendo queste ancora non di chiara collocazione nello scenario economico, sfuggirebbero parzialmente (il condizionale è d’obbligo) alle limitazioni di cui all’art. 49, nel momento in cui la valuta virtuale fosse interpretata come un bene e non come una moneta con tutti gli effetti liberatori che una comune moneta ha. Infatti attualmente la definizione corrente, definisce la valuta virtuale come “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica e non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale; essa è utilizzata come mezzo di scambio (n.d.r. baratto) per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

Pertanto, nel momento in cui si operasse un baratto bene/bitcoin, il cedente opererebbe uno “scambio” del proprio bene immobile con un equivalente bene (il Bitcoin) rappresentativo di un determinato valore ed evitando di incorrere nelle limitazioni del citato art. 49.

Chiaramente la volontà di attuare un “baratto” deve essere condivisa da entrambi gli operatori della transazione, proprio in considerazione dello scenario legislativo poco chiaro.

Appare scontato dunque che tale operatività non potrà mai essere “industrializzata” ed applicata per vendite diffuse in un processo produttivo: vi sono troppi rischi da assumere.

Ma allora com’è possibile poter procedere alla vendita incassando bitcoin, pur vivendo sereno al riparo di qualsivoglia forma di accertamento basato sulle norme dell’antiriciclaggio?

La soluzione è semplice; da poche settimane è stata costituita una società italiana che unisce il Mondo “virtuale” dei possessori di criptovalute con il Mondo reale di tutti gli esercenti desiderosi di ampliare il loro parco clienti. In pratica la società Tinkl.it SRL permette al venditore di incassare Euro e contemporaneamente permette alla parte acquirente di utilizzare i propri bitcoin. In tal modo la compravendita è avvenuta nel solco della attuale normativa senza forzature od interpretazioni pindariche della moneta virtuale.

Ma come funziona questa procedura?

In pratica Tinkl.it, che è una partecipata del più importante cambiavalute virtuale italiano The Rock Trading srl, appoggiandosi proprio alle collaudate procedure previste dai cambiavalute virtuali, apre una posizione di “scambio” Euro/btc tra acquirente e venditore, facendo coincidere la domanda e l’offerta delle due monete.

Il compenso per Tinkl.it è ovviamente una commissione sulla transazione, che paga l’acquirente.

Tale sistema verrà nei prossimi tempi adeguatamente pubblicizzato in quanto si propone di essere l’uovo di Colombo per tutti quegli imprenditori che vogliono spingere al massimo le vendite.

L’idea non è originale ma è stata adattata appositamente per l’Italia dove vi sono norme stringenti sull’uso del denaro nelle transazioni economiche. Effettivamente l’idea proviene dagli USA, infatti la prima società ad investire e migliorare tale settore è stata la Bitpay, società con sede in Atlanta (USA) nata con lo scopo di agevolare il rapporto venditori/acquirente.

Bitpay permette infatti al venditore di ricevere moneta fiat e all’acquirente di pagare tramite Bitcoin, attraverso la conversione automatica della valuta virtuale.

Nello specifico, la piattaforma di Bitpay si differenzia dalle altre piattaforme di trading grazie al fatto di non essere un vero e proprio exchange, ma bensì un metodo specifico per accettare sia Bitcoin che Bitcoin Cash, immagazzinandoli e spendendoli in maniera completamente sicura, oppure dando la possibilità di spendere Bitcoin in dollari attraverso la conversione immediata, ciò significa che, il commerciante che utilizza BitPay, può accettare bitcoin dai clienti e continuare a ricevere valuta di stato, non bitcoin. Il servizio supporta il pagamento in otto valute e il deposito bancario diretto in 38 paesi, compresi i depositi di due giorni tramite ACH negli Stati Uniti.

Ad oggi si può affermare che la Bitpay sia leader nel mercato, infatti fondata nel 2011, oggi è la piattaforma più utilizzata per tale tipologia di servizi ed è stata più volte paragonata a Paypal.

In merito a tale settore di mercato non si può non citare Coinbase, exchange per eccellenza che ha saputo diversificare la propria attività fornendo anche il servizio di “baratto” tra Bitcoin e Moneta Fiat.

Infatti attraverso Coinbase è possibile non solo acquistare bitcoin, ma anche scambiarli con valuta locale, ricevere pagamenti in bitcoin ricevendo moneta fiat e pagare fatture.

In merito al mercato italiano, si specifica la presenza della collaborazione tra due società la Argentea (società di gestione dei terminali POS) e Inbitcoin (società che implementa tecnologie volta a favorire i pagamenti in bitcoin).

Grazie a tale collaborazione il cliente tramite tale POS può pagare anche in Bitcoin indicando il suo QR code e il commerciante può decidere se ricevere Bitcoin o moneta Fiat.

Bisogna specificare però che questo modello di transazione ha un forte limite operativo dovuto alle norme che regolano il riciclaggio; infatti trattandosi di pagamenti tracciati (nello specifico tracciati mediante POS) essi sono soggetti al vincolo quantitativo disciplinato dal citato articolo 49 del D.lgs. n. 231/2007, che vieta il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in Euro od in valuta estera, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente superiore ad Euro 3.000.

In definitiva Tinkl.it, basandosi sulle esperienze estere ed adattandole alle normative italiane in tema di antiriciclaggio, ha messo a punto un modello di business che potesse rispondere sia alle esigenze di spesa sotto la soglia dei 3.000 Euro (art. 49) sia e soprattutto per permettere di spendere serenamente i propri bitcoin operando acquisti di valore consistente.

Infatti tale operazione avviene dopo che Tinkl.it ha eseguito una adeguata verifica delle due parti in gioco e dopo la presentazione, sui sistemi Tinkl.it della fattura che certifica la veridicità della transazione in corso.

In tal modo Tinkl.it opera una transazione compliant sul piano delle norme antiriciclaggio descritte, permettendo transazioni di importo superiore ad Euro 3.000.

 

Maurizio Dattilo e Stefania Barsalini

Versione integrale dell’ *articolo pubblicato per Italia Oggi – 10 Settembre 2018